giovedì 24 settembre 2015

Curiosità storiche: i "bolscevichi" a San Marino (1945-1957)

I comunisti al potere a San Marino (1945-1957): la storia del “governo rosso” e la storia del Colpo di Stato che lo rovesciò

Scommetto che  eccettuato qualche storico o qualche giornalista o qualche anziano che abita o è originario esclusivamente del territorio posto fra la Romagna ed il Titano – nel resto della Penisola non ne sa, o non se ne ricorda, quasi più nessuno, ma “nell’antica terra della libertà” ci fu anche una San Marino “bolscevica”: infatti nel dopoguerra, la libera Repubblica di San Marino fu l’unico Paese europeo al di qua della “Cortina di Ferro” (definizione coniata da Churchill nel suo famoso discorso del 5 marzo 1946 a Fulton, Missouri-Usa) ad essere guidato da un “governo rosso”, seppur giunto al potere con libere elezioni al termine della guerra.
La “scomoda” faccenda durò fino a quando i democristiani sammarinesi chiesero aiuto agli Stati Uniti e così circa mezzo secolo fa, nel 1957, non volendosene i comunisti sammarinesi lasciare il governo (del resto in Italia, nella maggior parte dei comuni della circostante Emilia-Romagna le sinistre vincevano regolarmente alle amministrative locali, e i sammarinesi, pur indipendenti, sempre romagnoli sono…), per cui sotto le falde del monte Titano, si rischiò allora, addirittura una rivoluzione!
Ma alla fine i tutto tornò nella…“normalità occidentale” quando i “bolscevichi” della antica repubblica indipendente furono rovesciati da un “golpe morbido”, orchestrato dal confinante governo italiano e da Oltreoceano.
Confesso che nemmeno io – che a suo tempo avevo pur letto qualcosa in proposito - mi ricordavo di questa vicenda, eppure sono un curioso ed anche uno  studioso di storia, e pur essendo stato in questi ultimi anni d’estate spesso sulla Riviera romagnola e quindi con qualche “puntata”, di rigore nei giorni di pioggia, sul Monte Titano niente di quell’evento mi veniva in mente.
C’è voluta una recente e difficile operazione chirurgica e la lunga convalescenza alla quale attualmente mi devo adattare, per indurmi a riordinare vecchie riviste e trovare “miracolosamente” qualcosa in proposito: un articolo che ho letto, e che poi, documentandomi da altre parti sulla vecchia vicenda, ho opportunamente approfondito.
Ricordo che la Repubblica di San Marino  – e questo ovviamente lo scrivo per gli amici stranieri che non lo sapessero e che leggono i miei blog (con blogspot posso vedere, giorno giorno, “da dietro”, i riscontri e questi miei lettori esteri: non son pochi, come si può vedere anche dalle statistiche che ogni tanto qui sul blog pubblico: vd. statistiche nel post successivo a questo)… potenza dei traduttori automatici su internet!!! –  la Serenissima Repubblica di San Marino, spesso abbreviata in Repubblica di San Marino o semplicemente in San Marino, è un piccolo (61,2 km² - 31.448 abitanti nel 2013) Stato dell'Europa meridionale, situato nel Centro-nord della Penisola italica.
Completamente circondato, come il ben più piccolo Stato-Città del Vaticano, in Roma (geograficamente lo Stato più piccolo nel mondo), dal territorio della Repubblica Italiana, San Marino si vanta d’essere il più antico stato d'Europa essendo stato fondato nel 301 d.C.
Tengo a ricordare anche, ma questo per gli amici italiani “ignoranti” (nel senso buono del termine, perché probabilmente non sono mai stati fisicamente a San Marino), che il territorio della Repubblica non coincide solo col Monte Titano, dove appunto c’è la capitale omonima, Città di San Marino (4127 abitanti), ma si estende anche, in basso, nel territorio collinare dove hanno sede i comuni (in sammarinese “castelli”) di Serravalle, Domagnano, Faetano, Montegiardino, Sassofeltrio, Fiorentino, Chiesanuova, Acquaviva, Borgo Maggiore: potrei sembrar pignolo, ma mi ricordo benissimo che, circa un paio d’anni fa, il pur bravo giornalista Corrado Augias, che stimo, quando ancora conduceva su Rai3, dal lunedì al venerdì a partire dalle 12.45, la bella trasmissione televisiva “Le Storie-Diario italiano”, incorse, durante una puntata dedicata a quello Stato  - era d’attualità il problema, perché si parlava della RSM come nuovo “paradiso fiscale” - anche lui in questo infortunio. Mentre il rappresentante sammarinese presente, per confutare la tesi del “paradiso fiscale” gli stava illustrando le attività industriali, commerciali ed anche …agricole, sammarinesi, l’ottimo Augias lo “rimbeccò” dicendogli, pressappoco, cito a memoria: “caspita, ma come fate a coltivare la vite sul Monte Titano!!!”
Ma veniamo, finalmente, ai…bolscevichi sammarinesi al potere dal 1945 fino al 1957: invero, confermo, l’unico governo socialcomunista a Ovest della “Cortina di Ferro”, un Paese di “irriducibili” che resisteva a boicottaggi, pressioni e blocchi delle frontiere del democristianissimo governo italiano del Secondo Dopoguerra.
Era il 1955 quando i democristiani di San Marino (Pdcs) decisero che era da troppo tempo che i comunisti erano al potere e che era il caso di chiedere l’aiuto americano.  Non potevano che giocare la carta internazionale della "guerra fredda".
Nella circostante Emilia-Romagna, pur nelle temperie del ed anche nelle momentanee asprezze del contrasto Pci, maggioranza nella maggior parte dei Comuni e della Province della Regione e la Dc al governo a Roma, all'interno nelle amministrazioni locali sembravano diluirsi e stemperarsi i tempi, anche tragici e duri, dell'immediato dopoguerra, con i "triangoli rossi" da una parte e la Celere-di-Scelba-che-spara dall'altra, come ad es. a Modena nel 1950, si stava andando piuttosto, come a Bologna, nel migliorare del rapporto Dozza-Lercaro, verso gli ultimi più concilianti Peppone e Don Camillo di Guareschi, ma poi nel 1960 ci sarà Reggio Emilia e la Celere tornerà a sparare...
Agli statunitensi, ai quali l' "assetto internazionale" di San Marino era quasi completamente sconosciuto, dai democristiani sammarinesi venne appunto descritto addirittura come l’avamposto sovietico in Occidente, un piccolo territorio indipendente governato da “comunisti irriducibili”, e fu sufficiente inserire le vicende sammarinesi nell’ambito della “guerra fredda” per far cadere la piccola Repubblica sull’orlo della guerra civile.
Infatti nel 1955, a seguito delle elezioni che videro aumentare la maggioranza social-comunista nel governo, cioè nel “Consiglio Grande e Generale” (in sammarinese), il leader dei democristiani locali, Federico Bigi, che a San Marino rischiava di essere un perdente a vita, decise di rompere gli indugi, ed invece di tornare a Roma in Piazza del Gesù, di recarsi direttamente nella più vicina Firenze, dove c’era e c’è tutt’ora il Consolato Usa,  innanzitutto, come ho accennato all'inizio, per spaventare gli americani che non credessero  che San Marino fosse uno dei tanti comuni emiliano-romagnoli amministrati dalla coalizione PCI-PSI, ma per ricordare loro e magari, se non lo sapevano, informarli che invece c'era uno Stato indipendente, appunto San Marino, "al di qua della Cortina di Ferro", dove comandavano i comunisti, e poi per illustrare e concordare con gli americani 3 possibili linee d’azione da lui pensate atte a scalzare il governo socialcomunista del Titano:
1. giocare al “divide et impera” sfruttando ogni spaccatura possibile della “coalizione rossa” cioè tra comunisti e socialisti sanmarinesi : da notare che, avendo ovviamente da sempre le vicende italiane notevole influenza sulla RSM, in quel periodo, pur essendoci da tempo in Italia fra i partiti socialisti il filo-atlantico PSDI di Saragat, i ben più numericamente consistenti socialisti italiani del PSI erano strettamente alleati con un patto d’unità d’azione col PCI di Togliatti al punto che i sovietici, prima della destalinizzazione kruscioviana avevano insignito Nenni del Premio Stalin;
2. aumentare le pressioni del Governo italiano contro il Governo di San Marino;
3. Procedere senz’altro ad un Colpo di Stato!!!
Gli americani, verificato, controllato e confermato che in effetti San Marino non era uno dei tanti comuni italiani, quindi di competenza del Governo dello Stato della Repubblica italiana, ma che in effetti era uno Stato indipendente, seppur piccolo, però governato dai comunisti, e quindi - visto c'era la "guerra fredda" e che anche Oltreoceano non si era da molto esaurito il periodo maccartista - assolutamente di primaria competenza loro, furono invero prudenti, calmarono il focoso Bigi, facendogli considerare come fosse  da subito impraticabile l’ultima opzione proposta dallo zelante quanto personalmente interessato dc sammarinese (insomma se proprio doveva essere, era  una …“extrema ratio”); 
In sostanza dai fiorentini colloqui congiunti Dcs-Usa emerse una netta predilezione per la prima ipotesi: lavorare per spaccare il fronte socialcomunista. 
Bigi, che aveva fretta, se ne tornò sul Titano non pienamente soddisfatto rispetto alle sue "estreme" e bellicose aspettative, ma in fondo contento nell'esser riuscito a metter paura agli americani, estremamente sensibili sulla politica estera, e rassicurato  da cotanto sostegno, che era molto più di quanto non lo avesse fino ad allora ottenuto da Piazza del Gesù in  Roma per l'appoggio della Dc italiana e del governo italiano a guida democristiana.
Il tutto funzionò, perché nel frattempo, siamo nel 1956, si verificarono due fatti importanti: la crisi di Suez (ottobre 1956-marzo 1957) e soprattutto, ovviamente, la contemporanea Rivolta anticomunista d’Ungheria (23 ottobre - 4 novembre 1956) duramente repressa dai carri armati sovietici.
Essendo scontata tutta la riprovazione del “mondo libero” per la spietata azione repressiva dal comunismo sovietico, merita qui, prima di tornare a Budapest, partire da Suez per soffermarsi e  meditare sul ruolo insolitamente “pacifista” – al contrario dell’Urss in Ungheria!!! – che mostrarono gli Usa in quel conflitto che nel 1956 vide l'Egitto di Nasser opporsi all'occupazione militare neocoloniale del Canale di Suez da parte di Francia, Gran Bretagna ed Israele.
La crisi mediterranea si concluse quando l'Unione Sovietica minacciò di intervenire al fianco dell'Egitto e gli Stati Uniti, temendo l'allargamento del conflitto, costrinsero britannici, francesi ed israeliani al ritiro, acquisendo così, anche agli occhi dei Paesi del Terzo Mondo in via di decolonizzazione,  indubbi meriti pacifisti. Tra l’altro, quello di Suez, fu un conflitto ricordato dagli storici per varie particolarità: per la prima volta USA e l’Urss si accordarono per garantire la pace; per la prima volta il Canada s'espresse e agì in contrasto verso la Gran Bretagna: fu l'ultima invasione militare fatta dalla Gran Bretagna senza l'avallo politico degli Stati Uniti, segnando secondo molti la fine dell'Impero Britannico (e quindi… la definitiva egemonia americana!!!); allo stesso modo, fu l'ultima invasione militare della Francia e quindi ultimo atto dell'impero coloniale francese; e fu infine una delle poche volte in cui gli Usa furono in disaccordo con le politiche d'Israele.
Ecco quindi che i sanguinosi fatti di Ungheria, e lo sciagurato intervento sovietico (malgrado a Mosca fosse al potere il destalinizzatore Krusciov!) alimentarono nel mondo non comunista, e quindi, per tornare a noi, anche in Italia e a San Marino, il senso del “pericolo russo e… “rosso”.
I russi (forse malconsigliati dai comunisti sammarinesi che non sapevano più come contenere l'attivismo del Dcs Federico Bigi) caddero nella trappola quando nel luglio del 1956 aprirono un consolato sovietico a San Marino:  il “New York Times”, uscì col titolo:  “la rossa San Marino nella rete sovietica”, mentre i fatti di Ungheria spinsero il socialista sammarinese Alvaro Casali ad abbandonare la maggioranza ed a fondare (sulle orme di quanto a suo tempo aveva fatto in Italia Saragat col PSDI) il Partito Socialista Democratico Indipendente.
Altri tre consiglieri del Parlamento sammarinese seguirono il neo-socialdemocratico Alvaro Casali e questo fu un “ribaltone” ante litteram visto che il Consiglio Grande risultò spaccato esattamente a metà: 30 consiglieri per la maggioranza socialcomunista, 30 per l’opposizione.
Il governo socialcomunista resistette per alcuni mesi, fino all’elezione dei nuovi Capitani Reggenti, eletti per lo Statuto repubblicano ogni sei mesi, poi si trovò costretto ad affrontare l’impasse. L’elezione venne fissata per il 19 settembre del 1957.
Proprio il giorno prima, però, un altro consigliere, Attilio Giannini, indipendente eletto nelle liste del Partito Comunista Sanmarinese, decise di fare quello che allora era raro, ma che oggi in Italia fanno moltissimi: saltare la barricata!
Si dice in Romagna che nominare Giannini e accennare ai motivi della sua scelta provochi, ancora oggi, infinite polemiche e …addirittura!!!… querele.
Tuttavia, spontaneamente o meno, grazie a Giannini si era creata una nuova, risicata, maggioranza formata da 23 consiglieri democristiani, cinque socialisti indipendenti, due socialdemocratici e, appunto da Giannini: 31 consiglieri su 60: i socialcomunisti erano fregati!!!
Ma i socialcomunisti, gli “irriducibili”, duri e puri e forgiati nelle lotte, non potevano farsi buttar fuori così facilmente: i segretari del PCS e del PSS presentarono le dimissioni di tutti i consiglieri della precedente maggioranza con firme autenticate.
Era infatti, consuetudine dei partiti della sinistra d’allora – per il PCI italiano lo sarà fino a buona parte degli anni ’70 –   far firmare ai loro eletti una lettera di dimissioni con la data in bianco, a titolo di garanzia del rispetto delle direttive del Partito. 
Risultarono dimissionari, quindi, anche i cinque “transfughi”.
Constatata la dimissione della maggioranza dei deputati consiglieri, la Reggenza sciolse il Consiglio e indisse nuove elezioni.
Da ambo le parti  rimbalzarono di “golpismo”, ma, come si sa, la Romagna, e quindi anche la RSM, è (o almeno allora era) “terra rossa” e “focosa” e gran parte della gente la pensava in quel modo ed era anche disposta a passare a vie di fatto: i consiglieri della nuova maggioranza anticomunista, sentendosi minacciati ed in pericolo, la sera del 30 settembre, scesero dal Titano ed occuparono uno stabilimento industriale in disuso situato in un lembo di San Marino, a Rovereta, che amministrativamente è una curazia (frazione) della Repubblica di San Marino, appartenente al castello (comune) di Serravalle, ed è nota soprattutto come zona industriale, circondata tre lati su quattro dal territorio italiano. In quei frangenti i fuggitivi, scampati, formarono…addirittura…un Governo Provvisorio: ma non erano degli sprovveduti e la cosa era stata pensata “a sommo studio”, infatti l’Esecutivo provvisorio sanmarinese fu immediatamente riconosciuto in Italia dal Governo Zoli che inviò i Carabinieri ai confini per proteggerlo: era il 1 ottobre 1957, seguirono il riconoscimento francese e, ovviamente, quello statunitense.
Per la destra era nato il “governo libero di San Marino”, per la sinistra “il governo del capannone”, ma i “rossi irriducibili” ormai erano ridotti sulla difensiva.
Temendo che il Governo provvisorio delle destre tentasse di prendere il potere con la forza, i social-comunisti formarono allora una milizia volontaria armata (soprattutto con doppiette da caccia) e la Repubblica si ritrovò sull’orlo di una guerra civile.
Nonostante fossero quelli i giorni di disordini ad Est e soprattutto, intorno al 4 ottobre 1957, quelli del lancio del primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra nella storia, lo Sputnik (спутник) lanciato dal cosmodromo di Baikonur nell'odierno Kazakistan, ma allora in Urss, le vicende sammarinesi conquistano le prime pagine dei giornali italiani.
“L’Unità” schierò Pajetta e papà Cervi a difesa della vecchia maggioranza, mentre Giovanni Spadolini sul “Resto del Carlino”, concluse così un emblematico editoriale intitolato Da Varsavia a San Marino: «C’è un insegnamento che dalla Polonia e dalla Jugoslavia arriva fino a quel piccolo lembo di terra romagnola sacro al cuore di ogni spirito devoto alla libertà: fino a San Marino. Ad ammonirci, oggi più che mai, che non ci sono vie di mezzo, che il socialismo è l’antitesi radicale del comunismo. Sulle balze del Titano come sulle piazze di Varsavia».
Non fu da meno il “New York Times” che mandò inviati speciali e pubblicò resoconti quotidiani sulle vicende della piccola Repubblica.
In questa situazione i “rossi” decisero di chiedere …addirittura l’intervento delle Nazioni Unite  per garantire il libero svolgersi di un’elezione che ponesse fine alla situazione d’impasse.
Errore madornale perché San Marino non era membro  dell’ONU e soprattutto perché l’unico Paese che poteva appoggiare i social-comunisti, l’URSS, per ovvie sue ragioni era sempre stata contraria all’invio di osservatori internazionali che controllassero il regolare svolgimento delle elezioni.
Mentre il blocco delle frontiere rendeva sempre più difficile la vita ai sammarinesi, l’11 ottobre i "sinistri” Capitani  Reggenti, Bigi e Majani, pressati dal sempre maggiore disagio generale dei cittadini comuni, si arresero mettendo fine alla crisi, riconoscendo il Governo provvisorio di Rovereta e sciogliendo la Milizia volontaria.
Il 14 ottobre 1957 il nuovo governo di destra si insediò a Palazzo Pubblico.
Si parlò allora di ingerenze imperialistiche, ma in effetti le carte – desecretate in tempi recenti dal Presidente Clinton –  mostrano nei dettagli i contatti avvenuti tra la DC sammarinese e il Dipartimento di Stato Usa, ma, a dire il vero, nessuno anche allora e dopo, da Alvaro Casali, autore della scissione socialista al  leader democristiano Federico Bigi aveva negato l’importanza dell’aiuto avuto da Oltreoceano, quest’ultimo:  “Se il ritorno di San Marino alla democrazia è stato possibile, è stato dovuto principalmente, se non esclusivamente, alla grande fiducia da parte del popolo di San Marino e dei suoi anticomunisti nella garanzia di aiuto da parte degli Stati Uniti”.
Questa era, appunto, la “guerra fredda”, Casali e Bigi dal canto loro accusavano i comunisti sammarinesi  di essersi totalmente inchinati ai voleri sovietici.
L’esponente comunista sammarinese Giuseppe Majani, alla guida della RSM dal 1955 come Capitano Reggente,  insieme al socialista Primo Bugli, però, lamentò le ritorsioni patite da militanti e partiti di sinistra dopo “i fatti di Rovereta” ed anche lui aveva ragione: i democristiani pervenuti al potere iniziarono una campagna di licenziamenti nei confronti dei lavoratori comunisti, vennero chiuse le sedi dei partiti di sinistra, negate le sale per gli incontri pubblici e, soprattutto, i Capitani Reggenti e i Consiglieri della vecchia maggioranza vennero messi sotto processo con l’accusa di “attentato alla Sicurezza dello Stato”.
I due ex Capitani Reggenti “rossi”, Majani e Bugli, vennero condannati, nel 1959, a 15 anni di Lavori pubblici (in sammarinese…reclusione) mentre per gli altri le pene variarono dai 7 ai 10 anni anche se queste pene vennero condonate nel 1960, solo dopo mesi di lotta e pressione politica da parte dell’opposizione di sinistra sammarinese, ma anche di quella sinistra che nella vicina e circostante Emilia-Romagna Italia era invece al governo di molte amministrazioni locali.
Nella RSM 1957, quindi, la battaglia della destra contro i “rossi” era vinta, ma ora secondo leggi e statuti c’era da affrontare la prima sfida elettorale: quella del 1959.
A questo scopo, il ministero degli Esteri sammarinese sollecitò gli aiuti economici Usa, per poter avviare i lavori dell’acquedotto e della superstrada Rimini - San Marino e, quindi, presentare qualche risultato concreto in campagna elettorale.
La tecnica utilizzata dall' esponente Dcs Bigi, nel frattempo ministro degli Esteri di San Marino, infatti furbo e infaticabile nel trovare il grimaldello giusto per raccomandarsi e ottenere in più possibile dall'estero, per convincere il governo dagli Stati Uniti, e da questi accolta e fatta propria,  è da manuale sulla guerra fredda.
Questo scrive, il 18 marzo 1958, l’ambasciata statunitense italiana al Dipartimento di Stato Usa dopo aver incontrato il ministro Federico Bigi.
L’ambasciata si rende conto che San Marino è solo un granello sull’orizzonte politico mondiale, ma crede fermamente che la mancanza di aiuto a San Marino sarà ritenuta come l’indifferenza verso il comunismo e i bisogni dei nostri amici. Piccola com’è San Marino è il solo paese dove la cortina di ferro si è ritirata negli ultimi vent’anni... Se il collasso delle forze democratiche accadesse prima delle elezioni nazionali italiane, fissate per il 25 maggio, il ritorno di San Marino sotto il dominio comunista potrebbe avere un impatto anche sulle elezioni italiane. L’assenza di un aiuto concreto dopo sei mesi di nostro supporto morale, programmatico e finanziario, sarebbe indubbiamente sfruttato dalle forze italiane di sinistra, forse facendo riferimento al declino economico negli Usa e al destino inesorabile di coloro che pongono la loro fiducia negli Usa”.
Di fronte a tale apocalittica prospettiva gli Usa finirono per sborsare 850 mila dollari per acquedotto e superstrada: i comunisti sammarinesi provarono a ribattere che quell’autostrada (oggi trafficatissima, provare per credere!!!) sarebbe servita per il trasporto dei missili Usa della base SETAF di Rimini al Monte Titano, ma ovviamente nessuno ci credette.
Gli elettori della RSM si trovarono, quindi, a scegliere tra una Repubblica di San Marino boicottata dai vicini italiani o una concretamente aiutata sia dal governo di Roma sia dai dollari di quello statunitense. 
Morale: nelle elezioni del 1959 la Dc sammarinese e i suoi alleati presero il 60 per cento dei voti!!!
I partiti di sinistra sammarinesi tornarono a vincere le elezioni solo nel 1978, quando il “vicino” PCI italiano di Enrico Berlinguer si era, ormai da almeno 2 anni, convertito all’eurocomunismo; il 15 giugno 1976 era avvenuto infatti il primo “strappo” dall'Urss : quello dell' ''ombrello protettivo della Nato'. 
Una necessità - spiegò Berlinguer in un'intervista rilasciata a Giampaolo Pansa per il ''Corriere della Sera'' - dettata non solo per non sconvolgere gli equilibri internazionali, ma anche perché la Nato era una sorta di scudo per costruire il socialismo nella libertà.”
Concludendo noto che in tempi recentissimi, dopo quello dei Carabinieri del 1957, s’è rinnovato un blocco militare italiano ai confini con la Repubblica di San Marino: era però la Guardia di Finanza che, lì inviata in seguito al comodo e conveniente atteggiamento di “non-me-ne-cale” tenuto per tempo dal governo del Titano circa i trasferimenti, anche illeciti di capitali provenienti dall’Italia nelle Banche del territorio della RSM, controllava le auto italiane in entrata ed in uscita, comprese le auto di italiani dotati di targa sammarinese.  
La situazione sembra sia stata recentemente risolta in base ad accordi bilaterali fra i due governi, ed ora anche dal lato sammarinese la Guardia della Rocca, la Polizia Civile e la Gendarmeria effettuano, secondo le loro specifiche competenze, controlli in merito: cambiano i tempi!!!

                                                                                                                                                                  



                         Carlo Onofrio Gori




Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.


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Foto d'epoca










2 commenti:

  1. Bè, prima della Cecoslovacchia di Dubcek e del Cile di Allende, la San Marino del 1945-1957 fu il primo esperimento di socialismo democratico. E anch'esso, come i successivi altri due, fu represso con la forza.

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